Social network enogastronomici
Pubblicato il 20 Marzo 2013
Focalizziamo ora l’attenzione sul settore enogastronomico, in questo ambito troviamo dei social network differenti, esclusivamente orientati al cibo e al vino, che potremmo definire di nicchia con la migliore accezione del termine, per il semplice fatto che gli argomenti trattati sono strettamente legati all’enogastronomia. Il primo fu Due Spaghi, più una guida alle osterie/trattorie che un vero social, ma rientra in categoria grazie alla possibilità offerta al cliente fruitore di recensire il ristorante. Divertente e nuova l’idea di socialgame dedicati al vino come http://scvngr.com/ che permettono l’immersione nel mondo dei vitigni o il sito californiano www.crushpa- dwine.com che permette di vivere una vita parallela da enologo e di produrre un vino proprio a distanza. Gli ideatori di questa forma di produzione e commercio hanno deciso di implementare il servizio aggiungendo anche la possibilità di personalizzare l’etichetta, di scegliere la bottiglia e il packaging, a lavoro terminato l’improvvisato/aspirante produttore potrà ricevere a casa fino a 25 casse del suo vino. Tornando ai classici social oggi arriva Vinix[1] un social network comprensivo di un blog, dove si confrontano ogni giorno centinaia di produttori di vino e operatori della filiera con i consumatori. Notevole anche Bottlenotes.com un contenitore e una comunità online di appassionati che recensiscono vini, un modello come tanti di social misto a banca dati. Anche YumIt[2] prende campo, un social dove gli utenti possono condividere la passione per la cucina e scambiarsi le ricette, esistono poi altri social come TasteFace, Magnabook, FoodSpottin, SeriousEats etc etc. Ma ancora nulla sulla forma di commercializzazione; in realtà mi sento di suggerire che anche questa forma, seppur non controllata, è uno strumento di pubblicizzazione che ha sicuramente un ritorno economico. Gli utenti parlano di cibo e di vino suggerendosi le marche migliori, questa è la cosiddetta WOM (Word of Mouth) uno strumento alternativo di advertising che porta all’aumento dei profitti dell’azienda, ancor più se si riesce a guidarlo e controllarlo. Ricordiamo che questo strumento può essere più pericoloso di quello che sembra, si ripone sempre più fiducia in un commento personale che su una pubblicità studiata dai migliori marketing managers. Pensando che l’enogastronomia è fatta di sensorialità, di odori e di giudizi sembrerà strano parlare di social network che possono fornire solo idee, foto e testi, quando invece bisogna sottolineare che il social network e i social media funzionano quando:
“valorizzano la formazione o lo sviluppo di comunità di valori o passioni, di nicchia o esclusive, non altrimenti realizzabili senza la rete”
da Minimarketing, G.Diegoli
Questa affermazione sembra essere perfettamente adattabile al nostro mercato che racchiude un numero di utenti accomunati dallo stesso trasporto per l’enogastronomia. Inoltre il cibo è da sempre elemento di convivialità e il 2.0 non è che l’evoluzione della forma tradizionale di tale convivialità: riesce a mettere in contatto le persone e permette loro una condivisione delle idee, sviluppando una conversazione di facile accesso. Gli “enogastro-social network” stanno dunque prendendo campo spinti dalla voglia di condividere degli utenti, ma ciò che più è interessante è la sponsorizzazione degli eventi enogastronomici, Italiani e non, da parte dell’utente stesso. Questo è uno degli elementi che non possono essere tralasciati, la partecipazione alle fiere di settore e agli eventi enogastronomici è quello che il produttore aspetta da tempo. È forse in questo senso che le aziende si possono muovere per la commercializzazione tramite social network, o per lo meno questo è quello che possono sfruttare oggi come oggi: una commercilizzazione elettronica a metà. Eventi come il Vinitaly, Eurochocolate, il Salone del gusto, Slow Food day, Slowine e Slowfish[3] sono sempre al centro dell’attenzione ed entrare nel circolo è la scelta più sana per un produttore. Avendo già citato la portata di utenti di Facebook si vuole riportare una case history vincente: il caso è quello di SushiBar[4], una catena di take-away nata a Siena che utilizza la pagina di Facebook come un portale per le ordinazioni online arricchito dal servizio di consegna a domicilio, è funzionale, veloce e giovane come gli utenti che lo utilizzano. Il marketing è innovazione, è adattabilità agli strumenti moderni e alla situazione circostante e in questo caso è stato veramente utilizzato nel modo migliore, sfruttando un social per commercializzare un prodotto. Il proprietario riconosce di non essere assolutamente un esperto di marketing, ma di aver captato, senza problemi, come sfruttare le potenzialità di Facebook. Le sue necessità erano quelle di avere clienti che preferibilmente prenotassero con anticipo i cibi da asporto, così da concedergli un margine di tempo per la preparazione: aver adattato una sua necessità a quella degli utenti è stata una mossa vincente. Dice: “ho trovato molto più feedback da Facebook che da varie pubblicità, cartacee, web e fisiche in genere”, a questo punto pur riconoscendo egli stesso la difficoltà di seguire più di 2500 users, sottolinea che avere un contatto diretto seppur virtuale è un buon metodo per riuscire a rimanere sempre aggiornato sui suoi clienti e viceversa. Questo caso viene riportato per un fattore ancora più importante, seppur meno evidente: l’utilizzo del social network comprende un costo, come accennato precedentemente, un costo che non implica nessun profitto tangibile o meglio non ancora misurabile; in questa case history risulta invece evidente che i profitti ci sono e sono misurabili in termini di fatturato aggiuntivo.
[1] www.Vinix.com
[2] http://yumit.com/
[3] Sono eventi promossi dall’associazione internazionale no-profit Slow Food, conta più di 100 mila iscritti in 150 differenti Paesi, fondata da Carlo Petrini nel 1986
[4] Dall’articolo di Daniele Vinci pubblicato il 10/02/2010 su Comunikafood-Marketing & Social Food, comunikafood.wordpress.com